Le osservazioni critiche che ha rivolto don Mauro al mio
articolo precedente, mi offrono l’occasione per approfondire un argomento che
non avrei potuto trattare in poche righe di risposta immediata. Sono grato a
lui e a tutti coloro che, nel criticare, lo fanno con il desiderio di
migliorare la comprensione di una questione dibattuta. Mi scuso per la lunghezza
di questo articolo, un po’ superiore all’abituale.
La ragione, applicata in ambito
scientifico-tecnologico, ai nostri giorni riscuote evidenti successi; spesso
però ci si ferma a considerarne la validità solo per una visione ristretta del
cosiddetto metodo sperimentale, mentre la ragionevolezza dell’attività
scientifica comprende anche i caratteri di universalità, di condivisione, di
collaborazione, di partecipazione a progetti comuni, ecc …
Anche la cultura umanistica contemporanea ha bisogno di
riscoprire le capacità della ragione. La filosofia moderna è diventata la
nuova Babele, regno del relativismo e dello scetticismo, dove ogni filosofo
parla la sua lingua, talvolta fa sfoggio di erudizione, si accontenta di avere
un suo pubblico compiacente, ricerca l’originalità per avere momenti di fama,
considera la sua attività non come avventura fatta con altri, ma come
competizione agonistica nella quale se vinco io, perdi tu.
Credo che, anche a partire dal basso, in un ambito poco più
che familiare, si debba recuperare il gusto per l’uso corretto della ragione
per poter realizzare un confronto costruttivo: bisogna avere la pazienza di
tornare a parlarsi e avere fiducia che, se c’è autentico desiderio di verità,
si può arrivare ad intendersi. Tra l’altro questo era uno degli incoraggiamenti
indicati alla nostra cultura da San Giovanni Paolo II nell’enciclica “Fides
et Ratio”.
Passando dalla cerchia familiare all’ambito pubblico, un
ruolo fondamentale è svolto dai mezzi di comunicazione. E’ vero che
molti di questi, per sopravvivere, hanno bisogno di adeguarsi alle logiche del
mercato e per questo richiedono che i loro prodotti siano attraenti: talvolta
certe forme di ragionamento, anche se corrette, mancano di attrattiva e di
facile comprensibilità. Però ci sono anche argomenti difficili che richiedono
pazienza ed applicazione, mentre il mercato spesso vuole spettacolo immediato e
superficialità, quando non ricerchi proprio la spettacolarità di una dialettica
volgare e inconcludente. Riguardo poi al problema della manipolazione dei mezzi
di comunicazione, mi basta ricordare di non essere ingenui nel pensare che non
ci siano mai.
Fatte queste premesse, mi propongo di dare qualche
precisazione su uno dei concetti filosofici che negli ultimi decenni è stato
oggetto di molti malintesi, quello di “natura”; malintesi che hanno riguardato
sia il significato di diritto (o morale) naturale, sia il significato di
peccato contro-natura.
Il problema comincia già per il fatto che il termine “natura”
ed il suo aggettivo “naturale” hanno moltissimi significati, che,
cambiando di contesto, possono anche diventare opposti. Ne elenco alcuni:
Natura: nascita, principio generante, principio intrinseco
di attività, soggetto di mutamento, essenza, inclinazione spontanea, stato
pre-sociale, mondo sensibile, carattere individuale dell’essere, temperamento,
ecc …;
naturale: appartenente alla natura, originario, istintivo, senza artificio,
ingenuo senza doppiezza, che imita la natura, che succede comunemente, che si
produce con le sole forze della natura, ecc …
Il senso in cui il termine “natura” è utilizzato in
filosofia e teologia, quando si parla di morale naturale, è il senso
metafisico: “l’essenza stessa di un ente considerata in quanto principio
delle sue operazioni specifiche”. Non comprende tutto ciò che di fatto può
succedere a un individuo (ad esempio: in senso metafisico, per l’uomo non è
naturale essere cieco, o malato, o sadico, o depresso, anche se evidentemente,
con un senso diverso, uno potrebbe dire che queste cose sono naturali, perché
possono succedere). Ugualmente la natura (sempre in senso metafisico) non
riguarda solo ciò che è sensibile, ma anche ciò che è spirituale, o divino (si
parla di natura razionale e natura divina). Quello che, in senso metafisico, è
naturale per un uomo è avere un corpo, un’intelligenza, delle potenze, delle
passioni, delle capacità comuni a tutti gli uomini.
Per non annoiare ulteriormente, riporto qui sotto una
insolita spiegazione della natura relazionale dell’uomo, fatta da un filosofo
contemporaneo, con un linguaggio che non è propriamente da educande …
“Basta meditare sul nostro ventre, e anche sul nostro basso
ventre, per scoprire la natura relazionale del nostro essere. Se abbasso lo
sguardo e scorgo il centro del mio corpo, che cosa vedo? Il mio ombelico. Che
cos’è il mio ombelico? E’ il segno che non mi sono fatto da me stesso,
ma che vengo da altre persone, delle quali di regola porto il cognome. E
se scendessi un po’ più in basso, che cosa scoprirei? Il mio sesso (prendo qui
il termine in senso stretto, perché il sesso o almeno i caratteri sessuali non
sono soltanto nelle mutande, sono diffusi in tutto il corpo, e in un modo che
non è, a dire il vero, organico, perché si tratta dei lineamenti, dei profili:
in genere più angolosi, meno dolci nell’uomo che nella donna). Ebbene che cos’è
il mio sesso? E’ il segno che io non sono fatto per me stesso, ma che,
nella mia carne, tendo, vado verso gli altri. E questo è talmente vero
che invece di guardare il mio sesso, guardo le donne; e prima di notare il mio
ombelico, ho visto il volto di mia madre, o di mio padre. Questo è talmente
vero che queste due parti di me stesso sono meno mie che degli altri, di coloro
da cui e per cui sono. Il mio ombelico è lo stigma cavo o bombato di un cordone
che non ho più, e che riguarda più i miei genitori, la loro potenza generativa,
che non la mia. In quanto al sesso, esso risponde meno alla regola della mia
volontà che alle curve di un corpo femminile. Si tende verso di esso e, secondo
la bizzarra incurvatura che prende se, nel desiderio, lo lascio in libertà,
punta verso il cielo … In breve, il mio ombelico e il mio sesso mi sfuggono. E
se uno mi distacca (da mia madre) perché l’altro mi attacchi (a mia moglie),
entrambi mi mostrano che sono sempre in mezzo, preceduto da altri nella mia
origine, superato da altri nella mia fine”.
Questo brano è tratto da un testo che è molto più ampio ed
articolato, ma l’ho proposto, pur nell’incompletezza della spiegazione, perché
penso che aiuti ugualmente a cogliere bene come la metafisica parte
dall’osservazione, ma poi, attraverso la riflessione, si pone domande di
senso, di causa, di fine che abbiano valore universale: non si
limita ad una descrizione spettacolare di come funziona il nostro corpo.
Quando la prossima volta concluderemo queste sintetiche
considerazioni sul perché gli atti omosessuali siano considerati contro-natura,
riporterò anche il nome del filosofo, per chi non l’avesse già riconosciuto.